Educare i bambini al gusto: come?
Obiettivo dell’educazione al gusto è la scelta di adeguate quantità di alimenti appartenenti a tutti i diversi gruppi alimentari alternandoli nei vari pasti della giornata, così da educare i bambini ad accettare una gamma di alimenti il più eterogenea possibile.
Andiamo a vedere come!
Troppe volte lo svezzamento viene inteso esclusivamente come un percorso di tipo nutrizionale, in cui il bambino deve mangiare qualcosa e deve riempirsi lo stomaco.
Per tutti “svezzamento = cibo”.
Ma bisogna fare un passo indietro perché lo svezzamento, ancor prima di essere alimentazione, è un percorso di apprendimento di tipo neuro-psico-cognitivo. Cosa significa?
Che il bambino, ancor prima di mangiare, deve IMPARARE IL CIBO: quindi vederlo con gli occhi, osservarlo, emozionarsi, sentirne gli odori, toccarlo, schiacciarlo capendo che fa rumore ect. Alla fine poi il cibo verrà portato alla bocca e avrà un gusto/una consistenza, andando a dare anche una sensibilità tattile al suo interno.
Tutto questo è un vero e proprio percorso di sensorialità, in quanto il bambino apprende attraverso i 5 sensi.
Tutto ciò però sembra essere stato dimenticato: ai bambini viene impedito di avere un contatto col cibo, si teme che si sporchino, gli si mettono i bavaglini affinché non arrivino a toccarlo, o li si imboccano evitando che prendano il cucchiaino. Tutto questo è profondamente sbagliato, perché la cosa di cui hanno più bisogno all’inizio del percorso di svezzamento è proprio il contrario.
È invece avere un RAPPORTO CON GLI ALIMENTI, che da un lato gli permetta di imparare (essendo un percorso di conoscenza) e dall’altro di emozionarsi profondamente (e questo ha molto a che fare anche con la relazione di chi lo accompagna).
Lo si sa, il cibo è anche RELAZIONE: il genitore si relaziona col bambino sia durante l’allattamento ma anche durante lo svezzamento, è un continuum e non c’è un momento in cui questo si spezza.
E come si comporta il caregiver? Dovrebbe essere sempre partecipativo, osservatore e responsivo ai bisogni del bambino, ma soprattutto mai intrusivo.
ECCO ALCUNE REGOLE D’ORO ✨
1. Dare il buon esempio e accettare la libertà del bambino di rifiutare un alimento
Si può continuare a offrire un cibo nuovo anche se il bambino lo rifiuta: è stato dimostrato che anche dopo 10-20 offerte ripetute il bimbo inizierà ad assaggiare quel cibo (la fiducia si sviluppa in modo progressivo). I bambini imparano spesso per imitazione: se il genitore ha un’alimentazione varia e mangia con piacere ed entusiasmo, il bambino potrà imparare attraverso tale testimonianza ad assaggiare questi alimenti. Anche l’osservazione tra pari (alla mensa dell’asilo o della scuola d’infanzia) può aiutare molto.
2. Assaggiando s’impara!
Riconosciamo sapori e odori ancora prima di nascere: ogni alimento che la mamma assume rilascia il suo odore nel liquido amniotico e da qui viene “appreso”, ossia riconosciuto e apprezzato dal feto. Ad esempio, se la mamma in gravidanza mangia alimenti che contengono un certo ingrediente, e poi ne mangia anche mentre allatta, il bambino succhierà con più vigore quando riconoscerà nel latte il sapore di cui ha già fatto esperienza.
3. Offrire porzioni piccole.
4. Coinvolgere il bambino nella preparazione dei pasti e permettergli di apparecchiare/sparecchiare o lavorare in cucina (in sicurezza).
5. Coinvolgerlo nella spesa al supermercato.
6. Curare la presentazione dei cibi.
7. Essere coerenti con le indicazioni date.



È bene offrire una ricca varietà di sapori già dai primi assaggi di cibi solidi e proporre con regolarità tutti i tipi di alimenti fin dalle prime degustazioni. In questo modo si raggiungono due obiettivi preziosissimi: un menù settimanale ricco e vario e il consumo di cibi ricchi in nutrienti.

Lo sviluppo del comportamento alimentare è influenzato (in misura determinante) dalle esperienze dei primi 2 anni di vita, durante i quali il bambino sperimenta il passaggio da un’alimentazione esclusivamente lattea dei primi mesi al consumo progressivo dei vari alimenti.
In questa fase (molto sensibile) i bambini e i caregivers imparano a conoscersi e a interpretare l’un l’altro i segnali comunicativi verbali e non, e questo processo rappresenta (se ben avviato) la base per la creazione dei legami affettivo-relazionali essenziali nel favorire anche un buon rapporto col cibo.
In questo momento quindi il bambino:
- sviluppa crescenti abilità di autonomia;
- nel mangiare scopre una varietà di alimenti diversi per tipologia nutrizionale-consistenza-sapori;
- definisce le sue preferenze alimentari che dimostrano una forte tendenza a mantenersi invariate nel tempo fino all’età adulta.
“Aiutami a fare da solo” significa da un lato preparare minuziosamente i cibi e gli oggetti adatti al bambino, dall’altro non sostituirsi a lui in alcuna delle azioni che può fare senza il nostro aiuto – significa non imboccarlo quando è in grado di arrangiarsi da solo col cibo (anziché mettergli in mano il biscottino, proviamo a offrirglielo su un piatto e a osservare come reagisce) – .
𝐒𝐢 𝐚𝐭𝐭𝐞𝐧𝐝𝐞 𝐥𝐚 𝐫𝐢𝐜𝐡𝐢𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐛𝐚𝐦𝐛𝐢𝐧𝐨
Sembra complesso, ma in realtà già dalla nascita mangia a richiesta: la mamma gli dà il latte quando lui lo richiede.
Questa è l’alimentazione complementare responsiva, cioè l’insieme di risposte pronte, contingenti, emotivamente ed evolutivamente appropriate da parte del caregiver ai segnali di fame e sazietà del bambino.
Quello che è veramente importante è osservare e accompagnare i nuovi traguardi di sviluppo raggiunti dal bambino, rispondendo anche al cambiamento dei suoi interessi, permettendogli di esprimere le potenzialità di cui dispone affinché possa acquisire consapevolezza dei propri segnali interni e dei propri bisogni, quali l’aver fame, l’essere sazio, l’avere avuto abbastanza ect.
Ascolto, accoglienza e fiducia 💓
I bambini si autoregolano da soli: offriamogli cibo sano e sapranno esattamente quanto prenderne!
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