La terapia cognitivo-comportamentale
Informazioni per i pazienti e i familiari
La CBT-E
La CBT-E (la E sta per “enhanced”, cioè potenziata) è una terapia elaborata da Christopher Fairburn negli anni Ottanta. Rispetto alla terapia cognitivo-comportamentale standard, questo trattamento si concentra su alcuni schemi di pensiero-emozione-azione ricorrenti e specifici del disturbo alimentare. Il circolo vizioso che ricorre in questi disturbi, infatti, include alcuni elementi ricorrenti; ad esempio, una valutazione di sé stessi esclusivamente in termini di forma fisica (“Sono grassa, quindi non ho valore”), che oscura tutti gli altri aspetti e le competenze della persona (lavoro, divertimento etc). Secondo il modello di Fairburn, questa tendenza a dare valore alla propria persona in termini di cibo assunto e forma corporea farebbe da filtro alle esperienze importanti della vita (soprattutto quelle relazionali). Per esempio: una paziente X potrebbe trovarsi a litigare con sua madre, ed invece di sentirsi arrabbiata o triste a riguardo, cominciare a rimproverare se stessa di non essere abbastanza magra. “Se fossi più magra, gli altri mi amerebbero e non avrei problemi” potrebbe essere un suo pensiero in questa situazione. Il focus diventa quindi questo, la magrezza, un obiettivo- una coperta di Linus – che permette di proteggersi da tutto ciò che è reale ed intenso, relegato al mondo esterno.
Il tentativo disperato di controllare la forma del proprio corpo porta poi a comportamenti di restrizione alimentare, o altre forme di controllo del peso, spesso pericolose (es. abuso di lassativi, vomito). La dieta ferrea comporta, naturalmente, un aumento protratto del senso di fame, che non ha altro modo di risolversi se non in una perdita, improvvisa e apparentemente priva di causa, di controllo: l’abbuffata. Nel pattern anoressico, queste “abbuffate” possono dirsi tali per la sensazione di aver perso il controllo sulla propria fame, ma si tratta spesso di pochi alimenti. In ogni caso, la percezione è di aver esagerato e doversi punire. Da qui, si entra nel circolo vizioso delle abbuffate e del vomito/restrizione alimentare. L’abbuffata non è, tuttavia, un avvenimento determinato solo dalla fame, ma anche dalla difficoltà della persona con DCA a gestire le emozioni. Rabbia, paura ed altri stati affettivi “negativi” non vengono riconosciuti, ma vengono convogliati nell’attacco bulimico, un modo disfunzionale di regolare le emozioni. La terapia CBT-E prende in considerazione ulteriori aspetti che, se presenti, possono rendere più arduo il superamento dello schema patologico. Sono caratteristiche spesso presenti in chi soffre di disturbi alimentari: perfezionismo patologico, bassa autostima e difficoltà relazionali.
Come funziona la CBT-E
Il trattamento si divide in quattro fasi (30/40 sedute).
- Fase 1, valutazione: il paziente e il terapeuta cominciano a formulare una visione condivisa del disturbo dell’alimentazione e dei processi che lo mantengono. E’ importante che entrambi si sentano parte di una squadra. Il paziente è aiutato a regolarizzare la sua alimentazione (es. fare tre pasti al giorno e due spuntini, per non rimanere più di 4 ore senza mangiare). Nella CBT-E, la fase di rieducazione alimentare comincia da subito: è stato dimostrato che affrontare le abitudini alimentari errate immediatamente rende il trattamento più efficace.
- Fase 2: in questa breve parte vengono rivisti nel dettaglio i progressi della fase 1 e si pongono le basi per la fase 3.
- Fase 3: si entra nel “cuore” del disturbo, esplorando insieme i processi che mantengono e rafforzano il sintomo. Eventi, pensieri ed emozioni vengono presi in considerazione e messi in relazione l’uno all’altro. Le persone con disturbi alimentari tendono a valutare se stesse in termini di forma fisica, ponendo in primo piano la magrezza come criterio di valore personale. Affetti, lavoro, divertimento etc. sono posti in secondo piano. La ristrutturazione cognitiva si focalizza in particolar modo su questo modo distorto di valutare sé stessi e sulla capacità di regolare le proprie emozioni. Si aiuta il/la paziente a focalizzarsi su aspetti della propria vita che non hanno nulla a che fare con la forma fisica.
- Fase 4: il paziente impara a identificare i “segnali” che precedono i comportamenti tipici del disturbo e ad anticiparli. Si pongono le basi per la prevenzione delle ricadute, e si insegna al paziente ad accettare eventuali “passi indietro”, senza farne un dramma.
La CBT-E funziona?
Attualmente, la CBT-E è raccomandata dal NICE (National Institute for Clinical Excellence) come trattamento di prima scelta per la bulimia. Con i soggetti anoressici, in generale è difficile verificare l’efficacia di un trattamento, poiché il fenomeno drop-out (ovvero: la persona decide di interrompere la terapia) è molto frequente. La CBT-E ha mostrato buoni risultati sul 60% dei pazienti con anoressia (ancora più importante, con poche ricadute). L’efficacia maggiore, però, si ha con i pazienti che non hanno eccessivo sottopeso, bulimici e/o con disturbi alimentari non altrimenti specificati. Per questi pazienti, il tasso di efficacia della CBT-E si aggira intorno ai due terzi.
Come può aiutare le persone con disturbi alimentari?
La CBT-E è una terapia psicologica progettata specificamente per i problemi alimentari. “È diversa per ogni persona e in tal in modo si adatta alle loro specifico problema alimentare”, afferma il prof Fairburn.
“I terapeuti e la persona con il problema alimentare lavorano assieme per scoprire perché il problema si mantiene e poi progettano assieme un trattamento per superarlo”. Il controllo è una parte fondamentale del trattamento e le persone con disturbi dell’alimentazione si sentono spesso fuori controllo. Il trattamento può durare in media da quattro a sei mesi con un massimo di 30 sedute intensive. Anche se differisce da persona a persona, il trattamento segue un andamento tipico. In primo luogo c’è una fase di assessment per scoprire cosa c’è che non va. Poi c’è una fase educativa, per aiutare la persona a capire perché mantengono il disturbo dell’alimentazione. Il resto del trattamento è tutto focalizzato su come uscire dal problema alimentare.
“Quello che le persone affette da disturbo dell’alimentazione pensano del loro corpo e come lo vedono è molto problematico, in particolare quelle con anoressia o bulimia. La CBT E aiuta le persone a realizzare che il modo che hanno di vedere il loro corpo è piuttosto impreciso – in particolare quello che fanno per valutare la forma del loro corpo lo fa sembrare più grande di quello che è”. “Li aiutiamo a fare un passo indietro, a vedere il loro corpo per quello che è, a renderlo meno importante nella loro vita e ad avere una prospettiva più ampia per valutare sé stessi”, dice il prof Fairburn.
Le persone che hanno ricevuto la CBT-E hanno tassi di ricaduta molto bassi. Un problema maggiore per le persone con disturbi dell’alimentazione è che tendono a ritornare nelle loro vecchie cattive abitudini. E quando lo fanno, possono reagire molto negativamente a questi passi indietro. “Le persone possono sentirsi sopraffatte da un passo indietro. Per tale motivo le aiutiamo a capire perché è successo e a non essere demoralizzate. Alle persone viene insegnato come spegnere rapidamente il problema che si è riacceso. A poco a poco, questi passi indietro si verificano meno frequentemente. Le persone imparano a essere in controllo”. “Mostriamo alle persone come possono rimettere a posto la loro vita”. Il Prof Fairburn dice la CBT-E funziona perché terapeuti non cercano di combattere la persona con il disturbo dell’alimentazione. “Questo porta le persone a difendersi e a resistere, oppure a evitare il problema e non parlarne”. “Vediamo persone che hanno veramente paura, ma non sanno come cambiare e sono molto esitanti a chiedere aiuto. Le persuadiamo a parlare delle loro difficoltà. Gli mostriamo che possiamo lavorare assieme e aiutarle a rimettere a posto la loro vita”.
Terapia Cognitivo Comportamentale Migliorata per gli Adolescenti (CBT-EA)
La Terapia Cognitivo Comportamentale Migliorata (CBT-E – enanched) è una è una forma “specifica” di CBT sviluppata dal Centre for Research on Eating Disorders at Oxford (CREDO) per affrontare la psicopatologia dei disturbi dell’alimentazione, piuttosto che le specifiche diagnosi DSM-5. Il trattamento, originariamente concepito per pazienti ambulatoriali adulti con disturbi dell’alimentazione di gravità clinica gestibili a livello ambulatoriale e con un indice di massa corporea (IMC) compreso tra 15,0 e 40,0 (Fairburn, 2008), è stato adattato dal centro ADA di Verona e dall’Unità Funzionale di Riabilitazione Nutrizionale della Casa di Cura Villa Garda, in collaborazione con il centro CREDO di Oxford, per il trattamento degli adolescenti di almeno 12 anni di età (Dalle Grave & Cooper, 2016). La CBT-EA d è stata valutata in quattro studi di coorte che, ottenendo dei risultati promettenti (Dalle Grave, Calugi, & Marchesini, 2008; Dalle Grave, Calugi, Sartirana, & Fairburn, 2015) (Dalle Grave, Calugi, El Ghoch, Conti, & Fairburn, 2014) (Calugi, Dalle Grave, Sartirana, & Fairburn, 2015), hanno portato le linee guida NICE a raccomandare questa forma di cura per i giovani affetti da disturbi dell’alimentazione.
La CBT-EA è un trattamento psicologico individuale, flessibile e personalizzato adatto a curare tutte le categorie diagnostiche dei disturbi dell’alimentazione (“approccio transdiagnostico”), affrontando i processi cognitivo comportamentali di mantenimento della psicopatologia che operano nel paziente (Fairburn, 2008).
Lo stile della CBT-EA è simile ad altre ad altre forme di CBT per quanto riguarda la creazione di un rapporto di collaborazione tra il terapeuta e il paziente, che lavorano assieme come una squadra per affrontare i processi che mantengono il disturbo dell’alimentazione (empirismo collaborativo). Tutte le procedure della CBT-EA sono state progettate per far sentire in controllo il paziente, coinvolgendolo attivamente in tutte le fasi della cura: dalla decisione di iniziare il trattamento, alla scelta dei problemi da affrontare e delle procedure da adottare per superare il suo disturbo dell’alimentazione. Questo approccio è fondamentale perché i pazienti adolescenti con disturbi dell’alimentazione hanno la necessità di sentirsi in controllo in generale (Fairburn, Shafran, & Cooper, 1999). Al paziente è comunicato che la guarigione dal disturbo dell’alimentazione è difficile, ma ne vale sempre la pena; per tale motivo al paziente è chiesto di considerare il trattamento come una priorità. È anche fondamentale che il terapeuta si assicuri che il paziente capisca sempre quello che sta succedendo nel trattamento e che lo incoraggi a diventare un attivo partecipante nel processo di cambiamento,
La CBT-EA non adotta mai procedure “coercitive” e “prescrittive”, in altre parole non è mai chiesto al paziente di fare delle cose che non è d’accordo di eseguire, perché questo può aumentare la sua resistenza al cambiamento. La strategia chiave consiste nel creare in modo collaborativo con il paziente la “Formulazione Personalizzata” dei principali processi di mantenimento della sua psicopatologia, che diverranno il bersaglio del trattamento. La formulazione ha lo scopo di creare un trattamento cucito su misura per affrontare la psicopatologia individuale evolvente del paziente. Il paziente è educato sui processi riportati nella formulazione ed è coinvolto attivamente nella decisione di affrontarli. Se il paziente non raggiunge la conclusione che ha un problema da affrontare il trattamento non inizia o viene interrotto, ma questo accade raramente. In seguito si pianificano con il paziente le procedure per affrontarlo, chiedendogli di applicarle con il massimo impegno.
La CBT-EA considera essenziale che il paziente impari a decentrarsi dal suo disturbo dell’alimentazione. Per tale motivo stimola lo stimola a diventare interessato e a capire come funziona e si auto mantiene. Il paziente è incoraggiato a osservare, usando l’automonitoraggio in tempo reale, come operano i processi riportati nella formulazione nella sua vita reale. Per ottenere un cambiamento cognitivo, è spinto a fare cambiamenti comportamentali graduali nel contesto della sua formulazione e ad analizzare gli effetti e le implicazioni degli stessi sul suo modo di pensare. Nelle fasi più avanzate del trattamento, quando i principali processi di mantenimento del disturbo dell’alimentazione sono stati interrotti e il paziente riporta di avere dei periodi liberi dalle preoccupazioni per il peso, la forma del corpo e il controllo dell’alimentazione, il trattamento lo aiuta a riconoscere i primi segnali di attivazione del mind-set del disturbo dell’alimentazione e a decentrarsi rapidamente da esso, evitando così la ricaduta.
La CBT-EA è strutturata in tre passi principali (vedi Figura 1), ha una durata di 20 settimane per i pazienti non sottopeso e di 30-40 settimane in quelli sottopeso, e può essere somministrata in due forme:
- la forma “focalizzata” che affronta esclusivamente la psicopatologia specifica dei disturbi dell’alimentazione e
- la “forma “allargata” che affronta in moduli specifici anche uno o più dei processi di mantenimento aggiuntivi o esterni descritti dalla teoria transdiagnostica (cioè perfezionismo clinico, bassa autostima nucleare, difficoltà interpersonali, intolleranza alle emozioni).
Figura 1: la mappa della CBT-EA
